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Quando si rispettava la Natura !

E' inutile... più il tempo passa più ci si dovrebbe convincere che le redini di una nazione lasciate in mano ad una amministrazione burocratizzata ed incapace di vedere al di là del proprio mandato elettorale ... portano solo a situazioni dannose e devastanti...

Ma agli italiani che interessa?

Tanto ci sono le partire di calcio... c'è il ponte del 25 aprile e poi quello del primo maggio, la tv spazzatura ed i fine settimana si trascorrono nei centri commerciali ... e la natura?

di Danilo Alberto, un piemontese amante della natura

Un tempo si diceva " Stiamo lentamente deturpando e distruggendo ", Oggi si potrebbe affermare che in nome del Dio danaro, stiamo velocemente cambiando gli equilibri dell'ecosistema " Pianeta Terra ", senza alcun controllo sul bene primario Faunistico.

La semplificazione che complica. Il caso della soppressione del Corpo Forestale dello Stato

19 aprile 2017

Fruttero & Lucentini nello spassoso-amarognolo La prevalenza del cretino, scrivono che “I nostri legislatori, governanti, politici, amministratori non si possono lavare come l’insalata dopo Chernobyl, decontaminare come il latte e i carciofi, isolare, mettere in quarantena, depositare in bidoni stagni sul fondo dell’oceano; né si può sperare che i venti li disperdano, li portino lontano da noi, verso terre remote. La nube resterà qui, spostandosi densa e solidale da un decreto all’altro, da una riforma all’altra, da un iniquo pasticcio all’altro. E noi, di sotto, a chiederci che cosa si aspetti a creare il club dei sette Paesi peggio amministrati del mondo”. Il mantra della semplificazione amministrativa e legislativa che vorrebbe ‘riformare’ l’organizzazione degli apparati dello Stato, è l’emblema delle riforme pasticciate e scritte male. Oltretutto spesso in mala fede, per i reali interessi e privilegi che si vanno a coprire e non a colpire. Tra l’altro, sembra che non si sia tratto alcun insegnamento, nemmeno da quei principi sul buon funzionamento della macchina amministrativa che l’antesignano Massimo Savero Giannini, come ministro della funzione pubblica nel 1979, aveva indicato nel suo famoso Rapporto sui principali problemi della amministrazione dello Stato. Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una sorta di maratona forzata di vere e proprie controriforme che a livello organizzativo tendono a modificare il modello direzionale di tipo collegiale per spingerlo verso quello monocratico, riducendo quindi il ruolo degli organi collegiali e dei consigli di amministrazione (in contrasto con le moderne teorie del management), rischiando oggettivamente di produrre più guasti che benefici. E’ il caso della contestatissima riforma della legge quadro sui parchi nazionali in dirittura di arrivo alla Camera dei Deputati, che riduce le aree protette ad agenzie di sviluppo locale, quasi nuovi enti intermedi da amministrare secondo le logiche della politica locale. Dello stesso tenore un’altra ‘riforma’ appena concepita, quella sulla procedura per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), che già da una prima lettura presenta discutibili poteri discrezionali assegnati al ministro dell’ambiente. Poi esistono le ‘riforme’ portate a termine e già operative, con tutto il loro carico di conseguenze negative che già abbiamo sotto gli occhi. Il caso eclatante è rappresentato dalla soppressione del Corpo Forestale dello Stato e il suo accorpamento all’Arma dei Carabinieri. Il corpo contava circa 8.500 dipendenti in tutta Italia, specializzati nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico, nella prevenzione e repressione dei reati in materia ambientale e agroalimentare. Oltre agli argomenti contrari delle associazioni ambientaliste, a nulla sono valse neanche quelle molto stringenti esposte dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, quando in audizione al Senato nel 2014, aveva provato a spiegare la forte contrarietà alla soppressione del Corpo forestale dello Stato “perché sarebbe come togliere all’autorità giudiziaria l’unico organismo investigativo in materia ambientale che dispone delle conoscenze, delle esperienze, del know-how e anche dei mezzi per poter smascherare i crimini ambientali”. A spiegare in modo più dettagliato le incongruenze e le conseguenze nefaste prodotte dalla soppressione del Corpo Forestale dello Stato ci pensa l’articolo che segue, scritto per il blog del Marziano da Maria Luisa Priori, architetto e consigliere della sezione romana di Italia Nostra.

Quando si tratta di temi riguardanti la tutela e la salvaguardia del territorio, si fa riferimento a principi non negoziabili che riguardano la salute e il benessere di un Paese, dei suoi abitanti e del suo paesaggio, e ne indicano il grado di civiltà e consapevolezza. Da questo punto di vista, per i compiti istituzionali che ad esso erano demandati, la soppressione del Corpo Forestale dello Stato ed il suo assorbimento all’Arma dei Carabinieri, è stata approvata senza particolari sussulti, con l’eccezione lodevole di qualche voce autorevole che ha provato a far sentire il suo motivato dissenso

Alla luce di un sostanziale vuoto informativo, appare più che mai opportuno chiarire il quadro delle conseguenze reali in atto, dovute all’approvazione di un simile provvedimento ‘semplificativo’. Frutto di una strategia legislativa parte dello stesso disegno, nei fatti a danno del territorio italiano e della nostra sicurezza ambientale e alimentare.

In via preliminare, ritengo però utile un rapido exursus storico.

Nel 1822 nasceva nel Regno Sabaudo l’Amministrazione forestale per la custodia e la tutela dei boschi nel Regno di Sardegna. Riorganizzata nel 1833 su base territoriale, si occupava della conservazione e del miglioramento delle foreste, compreso il taglio e la vendita del legname ricavato. Con la proclamazione del Regno d’Italia anche le amministrazioni forestali vennero unificate e iniziò a maturare una graduale sensibilità in materia di tutela e salvaguardia del territorio:

- nel 1910 vennero istituiti il Reale Corpo delle Foreste e l’Azienda di Stato per le foreste demaniali;

- nel 1923 il Regio Decreto n. 3267 istituì il Vincolo idrogeologico, per “preservare l’ambiente fisico e quindi di impedire forme di utilizzazione che possano determinare denudazione, innesco di fenomeni erosivi, perdita di stabilità, turbamento del regime delle acque ecc., con possibilità di danno pubblico”;

- nel 1948, dopo la parentesi del ventennio fascista, viene ricostituito il Corpo Forestale dello Stato, composto da personale civile con funzioni di polizia specializzato nella tutela del patrimonio naturale e paesaggistico;

- con legge 121/1981, il Corpo forestale dello Stato è annoverato tra le cinque Forze di Polizia dello Stato, essendogli riconosciuta la specialità nel campo del contrasto ai reati ambientali e di quelli dell’agro-alimentare;

- con la legge n. 36/2004 il Corpo venne dotato di un nuovo ordinamento, confermandosi «forza di polizia dello Stato ad ordinamento civile, specializzata nella difesa del patrimonio agro-forestale italiano e nella tutela dell’ambiente, del paesaggio e dell’ecosistema».

È così che in Italia si è strutturato un Corpo statale interamente dedicato a contrastare l’inquinamento delle falde acquifere, la distruzione e il deturpamento delle bellezze naturali, gli incendi boschivi, il bracconaggio, gli abusi edilizi, le ecomafie e la contraffazione alimentare. Il Corpo Forestale dello Stato ha lavorato in difesa di uno dei settori nevralgici del sistema produttivo nazionale: l’agricoltura di qualità. Inoltre, svolgendo contemporaneamente l’importante funzione di educazione ambientale e di formazione della popolazione, era diventato il punto di riferimento per un’importantissima attività di ricerca scientifica e di monitoraggio dell’ambiente e delle sue risorse. Un lavoro che ha permesso di sviluppare in collaborazione con enti di ricerca nazionali ed internazionali progetti, ad esempio, come quello per la reintroduzione di alcune specie animali o per la salvaguardia dei siti Natura 2000.

E’ esistito, fino a quando non è stato soppresso, insieme ai suoi quasi 200 anni di storia, con il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, cosiddetto “Decreto Madia”, recante “Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”. Le ragioni a sostegno di questo provvedimento mal concepito all’origine, sono state quelle solite della ‘semplificazione’ e ‘razionalizzazione’ delle forze di Polizia.

In realtà, il personale del Corpo nella gran parte è stato militarizzato a beneficio dell’Arma dei Carabinieri (7.177 unità) che hanno potuto ripianare gli organici, ed in parte nei Vigili del Fuoco (390 unità), nella Guardia di Finanza (41 unità), nella Polizia di Stato (126 unità) e nel Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, disperdendo professionalità sapientemente costruite negli anni. Una dispersione che denuncia di per sé la frammentazione delle competenze e la perdita dell’efficacia dell’azione di contrasto fino ad allora svolta dal Corpo forestale dello Stato. Con i Vigili del Fuoco che, oltretutto, lamentano le poche unità transitate e la scarsità dei mezzi aerei. Lamentele che hanno indotto l’Arma dei Carabinieri a venire in loro soccorso offrendo l’appoggio degli ex forestali in possesso della qualifica di direttore di spegnimento degli incendi boschivi. Perché fronteggiare un incendio boschivo non equivale a spegnere l’incendio di un edificio. Inoltre, la Guardia di Finanza che non ha ereditato tutto il controllo CITES (Controllo sul commercio delle specie animali e vegetali in via di estinzione), ma solo quello in dogana, e non svolge le operazioni di certificazione. Risultato? Un servizio tecnico-amministrativo affidato dallo Stato ad una sola amministrazione (il CFS) è ora frammentato e probabilmente inefficace. Non si comprende poi la destinazione di 126 unità alla Polizia di Stato per rinforzare i reparti destinati all’ordine pubblico: notoriamente i forestali non hanno mai svolto simili mansioni. Le 47 unità destinate al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali ancora oggi non sono stati inquadrati nella struttura organizzativa del ministero e non sanno bene quali compiti dovranno svolgere. Insomma, sembra proprio che sia voluto compiere un accorpamento che va nella direzione opposta alla razionalizzazione delle funzioni.

Su un giornale locale le parole del Generale Pierluigi Macco sono state eloquenti: «La soppressione è una scelta. Al di là delle mie ragioni “di cuore” ho letto che viene fatta per motivi di risparmio. Vorrei fare alcune considerazioni. Il Corpo Forestale costa 490 milioni di euro all’anno, di cui 460 per il personale. Queste persone non saranno licenziate ma trasferite, quindi questo costo rimarrà. Resta quindi un costo di circa 30 milioni. Il Corpo forestale fa incassare allo Stato come sanzioni oltre 28 milioni all’anno. Il risparmio sarebbe quindi di 2 milioni di euro. Sul territorio nazionale, il Corpo Forestale dello Stato attualmente ha circa ottomila persone. Attenzione però resterebbero in servizio i cinque Corpi delle Regioni a Statuto autonomo e delle province autonome. Attualmente i Corpi forestali di Sicilia e Sardegna costano di più del Corpo nazionale. Per non parlare della dispersione del patrimonio tecnico e di esperienza. Ho letto che si vuole spezzettare tutto. Il servizio antincendio ai Vigili del Fuoco, il Nucleo Agroalimentare e Forestale a Carabinieri e Polizia di Stato. Un patrimonio di esperienza di quasi 200 anni viene vanificato per un risparmio quanto reale?»

La questione si rende ancor più grave, se si considera il ruolo che il Corpo Forestale dello Stato ricopriva nelle aree protette - come i Parchi Nazionali, le Riserve naturali e le Zone di Protezione Speciale - e le modifiche in discussione alla Camera dei Deputati della Legge quadro n.394 sulle aree protette. Il Corpo aveva costituito 20 Coordinamenti Territoriali dell’Ambiente ed erano presenti in tutti i 20 Parchi Nazionali, oltre che nelle 130 Riserve Naturali. I CTA erano le strutture d’interfaccia con gli Enti Parco, verso i quali era stabilito per legge che ci fosse un rapporto di dipendenza funzionale, non amministrativa.

Infatti la L. 394, che nasceva “in attuazione degli articoli 9 e 32 della Costituzione e nel rispetto degli accordi internazionali”, dettava “i principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese”. Così nel 1991 si era miracolosamente riusciti a far raggiungere al nostro Paese il traguardo del 10% di territorio nazionale protetto, per la cui salvaguardia operava il Corpo Forestale dello Stato sulla base di apposite direttive emanate dal Ministro dell’ambiente, d’intesa con il Ministro dell’agricoltura e delle foreste.

Tale sorveglianza avveniva tramite i Coordinamenti Territoriali dell’Ambiente e le relative Stazioni ricadenti nelle aree Parco ed è stata proprio la diretta dipendenza funzionale dei medesimi dall’Ente Parco a consentire negli anni un’attività di controllo capillare ed efficace. Il comma 2 dell’art. 21 della L. 394 infatti, stabiliva che “La sorveglianza sui territori delle aree naturali protette di rilievo internazionale e nazionale è esercitata, ai fini della presente legge, dal Corpo forestale dello Stato”. Ora i Coordinamenti Territoriali per l’Ambiente, quelli del CFS, sono stati rinominati Coordinamenti Territoriali Carabinieri dell’Ambiente. Per la natura giuridica dei nuovi Carabinieri Forestali, non si tratta quindi della stessa cosa perché il loro status è diventato quello militare.

Attraverso tali sostanziali modifiche, la vigilanza e la salvaguardia delle aree protette è passata tra le competenze del Ministero della Difesa. Perché solo il nucleo che svolgeva attività nell’ambito della sicurezza agroalimentare resterà alle dipendenze del ministero delle Politiche agricole e alimentari e forestali, ma non come Forza di Polizia!

Dal momento che, tranne qualche rara e lodevole eccezione, nessuno si è preoccupato di svolgere una corretta informazione, è fondamentale rendersi conto di quali saranno nella realtà i nuovi scenari. Al di là della facile propaganda sulla ‘semplificazione’ e ‘razionalizzazione’. Non risulta ancora chiaro se resteranno le 148 stazioni forestali presenti nei Parchi nazionali e in molti ancora non hanno compreso le conseguenze della soppressione del Corpo Forestale con la trasmigrazione delle loro funzioni nell’Arma dei Carabinieri: gli ex forestali non potranno più svolgere quelle funzioni tipiche di un organo di polizia giudiziaria, che gli conferiva una iniziale - e comunque estesa – libertà di indagine e attività di controllo nell’ambito della dipendenza funzionale con gli Enti Parco. Perché sarà il nuovo status militare ad impedirlo, obbligandoli a riferire preventivamente ai loro superiori. Con la soppressione della Forestale si è minata la legge 121/1981 che operò la riforma della Pubblica Sicurezza e riformò la Polizia di Stato come Forza di Polizia ad ordinamento civile. Ora si vuole procedere a stravolgere la legge quadro sulle aree protette, subordinando la salvaguardia dell’ambiente a ragioni particolaristiche e di basso cabotaggio politico.

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