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Giulio Andreotti: le foto e un libro raccontano

  • Marco Marinacci
  • 16 gen 2019
  • Tempo di lettura: 3 min

Nel centenario della sua nascita due mostre fotografiche celebrano,

a Roma, uno dei maggiori protagonisti della politica italiana

dalla nascita della Repubblica ai giorni nostri

Il 14 gennaio Giulio Andreotti, se non fosse scomparso nel 2013, avrebbe compiuto cento anni.

E, se fosse stato presente ai festeggiamenti per il suo centenario, non avrebbe certamente mancato di sfoderare la sua rinomata e pungente arguzia. “Non mettiamo un limite alla provvidenza di Dio”, avrebbe forse risposto a chi gli avesse chiesto quanti altri anni ipotizzava di vivere, ma purtroppo seppur di poco ha mancato il traguardo del secolo. Era abituato a sfoderare umorismo anche su se stesso: “alla visita medica militare, il medico responsabile mi diede sei mesi di vita; quando diventai ministro della difesa lo chiamai per dirgli che ero ancora vivo, ma era morto lui!”, disse ad Oriana Fallaci nel 1974.


Nei suoi novantaquattro anni di vita è stato protagonista della scena politica italiana già nel corso degli studi universitari, entrando nella Federazione Universitaria Cattolica Italiana e diventando nel 1939, a vent’anni, direttore di Azione Fucina, la rivista dell’associazione della quale divenne tre anni dopo presidente. Prima di quel periodo, come racconta el 1987 proprio nelle prime parole del suo libro “Onorevole, stia zitto”, “i rapporti con il palazzo di Montecitorio … … sono stati a lungo, pur appartenendo al medesimo vecchio rione romano, di antipatica incomunicabilità”, per motivi avulsi dalla politica: il fumaiolo, per esempio, che nel suo fumare durante l’inverno, mentre spargeva “un odioso pulviscolo … … su finestre e terrazze” (e sulla biancheria stesa), faceva capire a chi era al freddo nelle case intorno che invece all’interno del palazzo erano bene al caldo “i chiacchieroni”, come il gergo popolare definiva coloro che lo popolavano. “Avrei giudicato folle … … chi mi avesse detto che un giorno sarei entrato anche io tra i chiacchieroni (pregai mia madre nei trent’anni che sopravvisse alla mia medaglietta di non chiamarli più così, e almeno in mia presenza si astenne)”, racconta nel medesimo libro.


Non fu solo nell’Assemblea Costituente del 1947, Andreotti, ma fu anche uno dei dieci chiamati dalla Democrazia Cristiana nella Consulta che, dal settembre 1945, ebbe il compito di preparare l’Assemblea Costituente che delineò la fisionomia della nuova Italia.


Persona semplice e a suo modo umile, Andreotti ha sempre avuto a cuore il valore fondamentale della famiglia alla quale, per il tanto lavoro che per tanti anni lo ha assorbito, si è dovuto dedicare più qualitativamente che quantitativamente. Lo ha ricordato il figlio Stefano, nel presentare le celebrazioni per il centenario della nascita. Due mostre fotografiche ricorderanno l’attività e la vita di Giulio Andreotti: “Una vita per lo Stato”, dal 15 gennaio al 10 febbraio nella Sala degli Atti parlamentari della Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini, e “Immagini di una vita”, dal 16 gennaio al 17 febbraio nel Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro, Pio Sodalizio dei Piceni. Le immagini e i documenti provengono in gran parte dall’archivio personale depositato presso l’Istituto Luigi Sturzo, e ripercorrono le tappe fondamentali della vita politica e privata dello statista. E’ stato presentato anche il volume “Il centenario 1919-2019 Giulio Andreotti, immagini di una vita”, edito da Skira, che sarà presto disponibile.

Sono stati i quattro figli, Marilena, Lamberto, Serena e Stefano, a volere la mostra fotografica, senza didascalie né pannelli esplicativi: per lasciar parlare le immagini. E trecentocinquanta immagini hanno molto da dire, e su cui far riflettere. Al tavolo della presentazione c’erano, oltre a Stefano e Serena, Gianni Letta e Monsignor Fisichella.


In qualsiasi modo la si pensi politicamente, Giulio Andreotti è uno degli uomini più rispettati e stimati della storia della politica italiana, della quale è stato protagonista fino praticamente alla sua morte, da senatore a vita, collezionando il primato del maggior numero di incarichi governativi. Cattolico ma pragmatico: quando Montanelli gli mosse la critica che De Gasperi parlava con Dio, e non con il prete, la sua replica fu che Dio non risponde, mentre il prete sì.


Nel lontano 1942, nell’editoriale di Azione Fucina, il giovane neodirettore Giulio Andreotti scrisse “La famiglia, il lavoro, i rapporti economici: tutti problemi, la cui soluzione è là, nel messaggio sociale di Cristo, in attesa di chi lo sappia degnamente scorgere e prospettare”. Religioso, come ha ricordato Monsignor Fisichella: ma già quasi ottant’anni or sono mise l’accento sul messaggio sociale, al di là della religione e del culto.




Alcuni link:


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