Scommettiamo...
- Marco Marinacci
- 24 gen 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Ieri cercavo, posso dire disperatamente, un negozio di materiale elettrico di quelli di una volta, piccoli e che ti vendono un pezzo di filo, non una matassa. Di conseguenza ho percorso qualche chilometro per Roma, in un quartiere popolare pieno di negozi e negozietti di ogni genere, guardando tutte le insegne di tutti gli esercizi commerciali.
L'elettricista non lo ho trovato, non è grave. In compenso, anche se la mia attenzione non era rivolta a questo, non ho potuto fare a meno di notare un numero enorme di sale e salette di giochi e giochetti, slot, scommesse. Posti in cui non si va per acquistare beni o servizi, ma per mettere in gioco il proprio denaro nella speranza di ottenerne altro. Mi sono chiesto: ma come mai così tante? Tutte queste persone hanno bisogno e possibilità di affidare al caso i propri soldi?
Il gioco vive trattenendo in realtà una piccola percentuale di quanto viene giocato, e questo è almeno apparentemente equo. Las Vegas vive alla grande con, mi pare, meno del 5% del totale che viene giocato. Il punto è che ci sono poche persone che vincono molti soldi, e molte più persone che ne perdono, in una quantità totale che è inferiore al totale delle vincite. Serve un esempio per capire meglio: il 5% di un milione è 50.000; se una persona vince un milione di euro, e 950 persone ne perdono 1.000, il mondo del gioco ha guadagnato "solo" 50.000 euro avendo pagato a una persona ben 1.000.000 di euro. Ma quanto pesavano per quelle 950 persone quei 1,000 euro ciascuno? Una regola dice che non bisogna giocare - o investire in borsa che è quasi la stessa cosa - soldi che non ci si può permettere di perdere. Praticamente dice che il gioco è per i ricchi.

Negli anni '80 sono stato tantissime volte, per motivi professionali, a Las Vegas. Non amando il gioco, tutto ciò che ho fatto è stato buttare un po' di monetine nelle slot, perdendole, comprese le poche vinte. Una volta però incontrai un conoscente, ricco e appassionato, che mi "costrinse" ad andare al tavolo della roulette. Cambiammo 50 dollari, me lo ricordo ancora, e ci sedemmo al tavolo. Lui mi abbandonò immediatamente per andare a giocare a Chemin de fer con puntate di mille dollari a botta. Io rimasi lì mezz'ora puntando un dollaro qua e uno là, e più o meno dopo mezz'ora ero rimasto con una trentina di dollari: dal mio punto di vista, avevo "speso" venti dollari per divertirmi. Torna lui e mi dice che non si fa così, prende e punta tutto. Non si sa come, vinciamo, mi pare duecento dollari, una cosa del genere. "Vedi?" mi fa. Fa per puntare di nuovo tutto, ma io metto le mani in mezzo e dico "aspetta", e tolgo 50 dollari dal mucchio. Punta, e perdiamo tutto, ma torniamo a casa con i nostri cinquanta dollari essendoci divertiti gratis. Bisognerebbe fare così, e ci è andata bene. Al massimo perdevamo 50 dollari, lo stesso che se fossimo andati a vedere uno show.
Di recente ho conosciuto una persona caduta nel male della ludopatia. Una persona che ha delle ottime capacità professionali e che è degna di stima, ma che è nei guai e dovrà farsi letteralmente curare, e alla quale mi sento vicino. Bisogna immedesimarsi, prima di giudicare brutalmente e dare dell'imbecille a chi cade in certe situazioni.
Ma sono situazioni, o trappole?

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