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Vai, vai a morire ammazzato

Non può mancare, in questo organo di informazione, un articolo che celebri ciò che si ricorda oggi.

Lo so, è un titolo forte. Ma vuole essere irrispettoso, non è un augurio, tutt'altro, è un modo per sbattere in faccia a noi stessi cosa il genere umano è stato capace di fare. A nessun animale sarebbe potuto mai venire in mente una cosa simile.

La vita è eterna, secondo tutti coloro che credono nell'Aldilà. La morte è eterna per tutti, di sicuro: una volta morto, almeno morto da questa vita sulla terra, si è morti e basta. E, ci insegna Totò nella Livella, i morti sono tutti uguali: sono morti.

E' agghiacciante pensare a quante persone sono state private, o sono tuttora private, della possibilità di concludere in maniera naturale la propria esistenza su questo pianeta. Ed è incredibile osservare con quanta determinazione, crudeltà e mancanza di ogni considerazione e rispetto questo crimine viene spesso perpetrato.

Il Giorno della Memoria è stato istituito dalle Nazioni Unite nel 2005, per commemorare le vittime della Shoah. La data è stata scelta abbinandola a quella in cui fu liberato il campo di concentramento e sterminio di Auschwitz, in Polonia. La Shoah, secondo il dizionario Treccani, è il termine "col quale si suole indicare lo sterminio del popolo ebraico durante il Secondo conflitto mondiale", e significa in ebraico "tempesta devastante". Dunque è una celebrazione specificamente dedicata ai sei milioni di vittime dello sterminio nazista.

E' tuttavia un'occasione per rivolgere un pensiero a tutti coloro che, a vario titolo, hanno subito o subiscono sorte simile. Non in una contrapposizione, così come la festa della mamma non si contrappone a quella del papà, o la festa della donna non è per contrapporsi all'uomo. Ma sono tutte occasioni per riflettere, apprezzare, comprendere, coinvolgere, abbracciare.

Sulla terribile immanenza dei campi di sterminio voglio portare una testimonianza personale. Era il 2010, e mia figlia era al lavoro in Austria, vicino Salisburgo che non è lontana da Monaco. Sono andato a trovarla, e abbiamo deciso di fare una "gita" (mi fa un po' impressione chiamarla così) a Monaco, e in particolare a Dachau. Nessuno di noi due aveva mai visto un campo di sterminio. Si chiama di sterminio, non di concentramento: il campo di concentramento è un'altra cosa, anche dove vengono alloggiati i terremotati sono dei campi di concentramento. Sterminio fa molto più effetto, ed è molto più adeguato.

Siamo entrati, abbiamo cominciato a girare, a guardarci intorno, a leggere i cartelli esplicativi, a osservare locali e oggetti e fotografie. Avevamo chiacchierato per tutto il viaggio, in macchina e nella breve visita di Monaco. Entrati a Dachau sembrava che ci avessero rubato la lingua. Credo che nel paio d'ore che siamo stati lì dentro avremo scambiato venti parole, la maggioranza del tipo "mamma mia - ma possibile - che orrore - poveracci". Sai quando rimani senza parole? Ecco. Ricordo che, fra me e me, e forse in macchina al ritorno quando abbiamo ripreso l'uso della parola, mi chiesi "ma come hanno fatto ed essere così bravi a fare questa cosa così terribile". Perché è enorme, e c'era un sacco di gente, e tutti facevano quello che pochi volevano che facessero.

C'è un viale, a un certo punto, con una piccola lieve scarpata che porta alla rete. Si camminava sul viale: chi metteva un piede su quella scarpata automaticamente si beccava una raffica di mitra. E c'erano delle scatole di legno, che erano i letti, e delle stanze vuote, dove senza dirlo qualcuno diceva a un suo simile "vai, vai a morire ammazzato". E quello obbediva. Poi usciva dal camino, per andare direttamente in Cielo.

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