Sanità: sveltire le liste di (troppa) attesa
- Marco Marinacci
- 4 feb 2019
- Tempo di lettura: 2 min

E’ giusto che per fare una cosa ci siano delle regole, specie quando si tratta di usufruire di prestazioni che hanno un costo per la collettività ed è quindi necessario gestire nel modo migliore le risorse economiche evitando sprechi e abusi. Le regole, però, non devono impedire alla cosa di esser fatta, quando è da fare.

Ed è giusto che ci siano delle liste di prenotazioni, in modo che si possano erogare i servizi in modo equo e ordinato e accessibile a tutti. Le liste, però, devono procedere a velocità ragionevole, tale che si possa usufruire del servizio richiesto in tempo utile.
Nel caso specifico che dà origine a queste considerazioni, per ottenere una terapia logopedica e psicomotoria per un bimbo di sei anni che ne ha bisogno “ad ogni ciclo di fisioterapia/logopedia deve corrispondere una prescrizione Fisiatrica/Foniatrica che definisce durata del progetto, obiettivi etc. Una volta finito il ciclo, se richiesto dalla specialista o se il terapista reputa opportuno il proseguio del trattamento, si ripete una visita per valutare i risultati e rinnovare il ciclo”; lo prescrive l’articolo 25 del regolamento per le prestazioni ambulatoriali in convenzione e ce lo ricorda gentilmente il dottor Stefano Gargano, medico fisiatra e direttore tecnico dei Servizi ambulatoriali del Presidio torinese della Fondazione Don Gnocchi. Tutto giusto: in parole povere, sono i medici che indicano che interventi bisogna fare, ne controllano l’efficacia e in base ai risultati decidono se continuare o no.

Solo che nel frattempo il bambino cresce: quindi bisogna sbrigarsi, perché è logico che essendo in età evolutiva la problematica, se non affrontata, non migliora di certo, e l’intervento tardivo può finire col rivelarsi inutile. Una lista che prevede un’attesa di due anni non è una lista, è una condanna. Il problema, comune ad altri settori, va risolto.