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Fazioni, sbuon senso, sgiornali e sgoverni. Con la esse, sì.

Ragionando, forse un po’ superficialmente, o meglio senza avere una conoscenza approfondita dei fatti ma, al contrario, cercando di riflettere sulla questione nel suo complesso, appare veramente strana la questione della nave Sea Watch a Lampedusa.

Perché su questa nave ci sono solo quaranta persone, un numero trascurabile per chiunque e da qualsiasi punto di vista. Però la questione ha assunto un’importanza mondiale. Perché? Perché è una questione di principio, e ai principi si dà spesso, sterilmente, più peso che alle situazioni.

Sono tante le considerazioni che, in modo scevro da qualsiasi convinzione e connotazione politica, si possono fare, le domande che ci si può porre e alle quali è difficile dare una risposta. Se, beninteso, ci si basa sul famoso o famigerato buon senso, quello che dovrebbe guidare le azioni quotidiane individuali ma anche le attività politiche internazionali.

Sul fatto che le persone che si trovano in difficoltà in mezzo al mare non debbano essere lasciate affogare siamo d’accordo tutti; c’è chi lo dice tout court, chi lo dice aggiungendo che però questo non vuol dire che debbano necessariamente ottenere lo scopo per il quale si sono avventurate in mezzo al mare, c’è chi dice che bisogna aprire ogni porta a qualsiasi costo a chiunque per qualunque ragione e in qualunque modo chieda o pretenda di entrare e stabilirsi in qualsiasi posto. Naturalmente le opposte fazioni strumentalizzano le opposte posizioni, prendendo solo il negativo di ciò che viene affermato: nessuno ha mai detto che bisogna affogare tutti, così come chi dice che qualcuno lo ha detto ha, a sua volta, a suo tempo messo o tentato di mettere dei limiti al fenomeno.

Verrebbe da dire che, con un po’ di buon senso, potremmo essere tutti d’accordo.

Banalizzando, se un’auto con cinque viaggiatori a bordo rimanesse in panne vicino alla nostra casa, e vedessimo genitori e bambini boccheggiare per il caldo, chi di noi rifiuterebbe un bicchiere d’acqua, uno spuntino, un gabinetto per alleviare il disagio degli sfortunati? Nessuno. Li aiuteremmo probabilmente a cercare un meccanico per far riparare la macchina, e dopo un po’ se ne andrebbero ringraziandoci.

Ma, facendo un altro esempio, quando un simpatico comandante pensò bene di fare un testa coda con una nave grande come una città, appiccicandola sugli scogli, su un’isola nostrana sbarcò una quantità di persone notevolissima; nessuno impedì loro di mettere piede a terra, anzi tutti si prodigarono, e tutti costoro appena possibile lasciarono il posto ringraziando per tornare nei rispettivi luoghi stanziali.

Il paragone non calza alla perfezione, ma nessun paragone calza alla perfezione, altrimenti sarebbe la situazione e non un paragone. L’isola del Giglio è grande 24 chilometri quadrati e abitata da 1.400 persone; l’isola di Lampedusa è grande 20 chilometri quadrati e ci vivono 5.900 persone. E’ davvero possibile continuare a far sbarcare chiunque lì? Sì, solo se per il tempo necessario ad andarsene verso una destinazione finale diversa. E si può sbarcare rimanendo in zona, limitandosi alle strutture ricettive del porto: certo si chiama campo di concentramento che suona male, ma anche uno stadio e un autodromo sono campi di concentramento quando c’è un evento sportivo.

Certo tutto questo frastuono per quaranta persone è strano. Salvare, sono state salvate. Ora sono al sicuro su una nave, anche se in condizioni scomode. Si può rifornire la nave se mancano beni necessari, o forse per andare in giro a salvare persone sarebbe il caso (è un buon senso ignorante della realtà a suggerire la riflessione, forse è sbagliata) di andare con navi attrezzate per poter ospitare molte persone, quindi non pavimenti e basta ma pavimenti e sedili, cuscini, imbottiture, coperte, eccetera. Insomma le ambulanze sono fatte come le ambulanze, i carri per il trasporto della frutta come i carri per il trasporto della frutta, e se uno sta male lo vai a prendere con l’ambulanza. E poi, perché bisogna sbarcare per forza a Lampedusa? Lasciando stare la Libia, che lì sono cattivi (ma se sono cattivi perché non andiamo a dirglielo, come abbiamo fatto in altre zone del mondo?) ci sono un sacco di posti, anche in Italia, dai quali poi è forse anche più comodo ripartire che da un’isola al centro del Mediterraneo anzi più vicina all’Africa che all’Italia.

Non si dica che è lontano, perché con tutta la strada che la nave ha fatto gironzolando intorno all’isola come una mosca che sbatte contro un vetro per uscire, da mo’ (come si dice a Roma) che era arrivata da un’altra parte. Il problema era identificare quale dovesse essere quest’altra parte però, certo. Ma una soluzione va trovata: di chi è compito? Di parecchia gente: che si diano da fare, che collaborino, che facciano il loro mestiere. E’ un’affermazione superficiale? Neanche per sogno, è una verità banale come quella che l’acqua bagna e che se sbatti la testa al muro ti fai male, non c’è da discutere tanto. Dovete governare, non sgovernare: tutti.

E poi… ma quanto costa, tutto questo, a chi, e perché? Quanto costa noleggiare un’imbarcazione, anzi una nave, per quaranta persone? E quanto costa noleggiarla non in loco, ma nell'altro lato del continente? E quindi… possibile che non ci sia un modo più economico, o che con questi soldi impiegati diversamente non si possa fare qualcosa di più direttamente utile per la vita delle persone così sfortunate da dover rischiare la vita stessa nel tentativo di migliorarla? E’ così peregrina l’illazione che ci sia chi ha un grosso beneficio dal dover svolgere queste azioni di recupero? Non c’è niente di strano almeno in teoria, anche tanti medici diventano molto ricchi salvando la vita delle persone che curano: l’importante è non inventino che uno si deve trapiantare il cuore quando è sano, solo perché a loro conviene eseguire l’intervento. Non sono illazioni, sono considerazioni: perché la verità la sa chi la sa, non chi la cerca (attività lodevole), la immagina, la ipotizza o la dà assiomaticamente per scontata per convinzione di fede religiosamente politica.

E il balletto di dichiarazioni che si vede fare, titoli di sgiornali compresi (la s prima di giornali è intenzionale perché troppi sono mezzi troppo di propaganda e troppo poco di informazione), sembra proprio mostrare scarso interesse per la reale condizione di un numero neanche enorme di persone, ma grandissimo impegno nel portare avanti la propria figura e la propria posizione, nello gestire un’operazione di “personal branding” volta ad ottenere consensi facendo leva sull’istinto e la superficialità dell’informazione non totale. Perché nessuno di noi può sapere i fatti di tutti, e ciò che di un argomento sappiamo è ciò che di quell’argomento in qualche modo ci viene dato di sapere.

E’ imbarazzante, se si vuole restare nel buon senso e nella ricerca dell’obiettività, valutare se siano più o meno reali, rispondenti alla realtà, preferibili, umane, eccetera, le posizioni dell’una o dell’altra “fazione”.

Ma il problema è proprio questo: che non dovrebbero esserci “fazioni”, e non si dovrebbe cadere nello “sbuon senso”.

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Link alle fonti delle immagini:

https://lanuovaprovincia.it/attualita/presidio-per-tutta-la-notte-a-sostegno-della-sea-watch-3-in-piazza-san-secondo/

https://gds.it/articoli/cronaca/2019/06/26/migranti-la-sea-watch-vuole-sbarcare-a-lampedusa-avviata-una-raccolta-fondi-per-pagare-la-multa-dc2d8053-703c-4ae6-a029-d7d88679c61a/

https://www.quintozoom.com/index.php/galleria/galleriaAlbum/41/112/2636

https://www.diregiovani.it/2018/01/13/5392-naufragio-costa-concordia-tragedia-giglio.dg/

https://www.fanpage.it/foto/il-naufragio-della-nave-da-crociera-costa-concordia/

https://goo.gl/maps/EyDwuSBBmEc1VUPL6

https://www.huffingtonpost.it/entry/rotta-impazzita-della-sea-watch-3_it_5d10bd3ae4b0aa375f501352

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