Benda e coltello, "questo o quello per me pari sono"... O no?
- Marco Marinacci
- 29 lug 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Sono andato in fissa con questa storia delle cinque domande del giornalismo, e questa triste storia del giovane carabiniere ucciso da due drogati per colpa di due spacciatori uno dei quali pure truffatore continua a dare purtroppo spunti al riguardo.
Cosa, lo abbiamo detto: è stato ucciso un carabiniere (nelle cinque domande canoniche non c’è “come”, ma si tende a inserirla perché comunque interessante e la risposa è “con undici coltellate” – non otto, undici).
Chi, lo sappiamo: sappiamo chi è stato.
Dove e quando pure, sono le domande più banali, a Roma la notte del 25 luglio.
Cosa manca? Perché. In realtà sappiamo anche quello: perché l’infame ha finto di accettare di restituire i cento euro truffati dall’amico, ma ha chiamato i carabinieri. Ora, i carabinieri che entrano in azione per difendere uno spacciatore rischia di essere un ossimoro, ma non addentriamoci in queste elucubrazioni.
In realtà c’è un altro perché, e anche un altro chi, e in parte un altro cosa, che si affacciano con i loro punti interrogativi. E qui le risposte ancora non le abbiamo.
Perché quando i carabinieri ti arrestano ti portano in caserma e ti interrogano, è logico. Devono farlo seguendo delle regole, non ti devono ammazzare di botte né per costringerti a confessare, né per punirti di ciò che hai fatto. Giusto, in uno stato di diritto che non sia un far west è così.
Però le manette sono consentite, specie a uno che ha appena accoltellato (ok è stato l’amico suo, ma è ladro chi ruba e chi regge la scala diceva mia nonna).

Qualcuno, non si sa chi, anzi sembra sia stato identificato, decide di apporre una benda sugli occhi dell’interrogato. Il regolamento non lo consente, e una persona presente cosa fa? Invece di cercare di impedire l’abuso, ricordando ai colleghi che non è una procedura consentita, fa finta di nulla ma scatta una foto. E con la foto cosa fa? Non la porta subito dai superiori, per far stigmatizzare l’abuso, ma la dà in pasto al popolo del web, che si divide fra una maggioranza di esaltati di segno opposto e una quantità più limitata di persone equilibrate. Cosa succede, quindi? E’ logico, “un casino”, suscitando i commenti da un lato di chi avrebbe voluto che lo avessero ammazzato, dall’altro di chi attribuisce al gesto una gravità che è indipendente dalla portata del gesto stesso.
Anche i politici, che ahimé sono spesso fra le persone meno equilibrate che abbiamo, si sbracciano in dichiarazioni dell’una o dell’altra fazione. Fazione, perché fazioni è giusto chiamarle.
Si tira in ballo, giustamente, lo stato di diritto, che è quello in cui tutto si svolge secondo le regole dettate dalle leggi e chi applica le leggi lo fa con obiettività, equità e non coinvolgimento diretto. Però uno stato di diritto è anche uno stato in cui sono tenuti in considerazione, e nella stessa considerazione, i diritti di tutti. I diritti di alcuni si incrociano spesso con quelli di altri, e danno origine a una linea di demarcazione sfumata che si presta a interpretazioni che hanno un contenuto di soggettività. Qui si discute del diritto di questa persona di non avere una benda sugli occhi. Io credo che siamo in quella fascia sfumata nella quale è bene stare attenti a fare affermazioni categoriche. Perché non è come Cucchi, che per una cazzata è stato ammazzato di botte: qui è il contrario. Uno che ha ammazzato una persona - pardon, partecipato all'ammazzamento - viene tenuto ammanettato: non ci trovo niente di strano visto che quando hanno tentato di arrestarlo è spuntato un coltello; è rispettosamente seduto su una sedia, e non appeso al pau de arara, non è stato strapazzato come si vede dai vestiti, e anche questo va bene, dimostra anzi che non si è usata la violenza fisica. Si è commesso però l'eccesso di porgli una benda di materiale morbido sugli occhi, e non si doveva fare (ma io non so dove è scritto che le manette si possono mettere e la benda no, non so se si possono legare le caviglie a uno per impedire di scappare, non so un sacco di cose). Nessuno di noi era lì e sa perché gli sia stato impedito di vedere chi e cosa aveva intorno, non mi pare una benda un trattamento così coercitivo da stimolare una confessione e peraltro quando ti trovano un coltello insanguinato (così ho capito) c'è poco da confessare. Conosco uno che era un poliziotto infiltrato, e un giorno al luna park con il figlio ha incontrato quello che sorvegliava, e il figlio lo ha sputtanato presentandosi con nome e cognome. Magari a interrogarlo era uno di quelli dei quali nessuno deve conoscere il viso (di solito usano un cappuccio, certo). Trovo assurdo che si metta ormai più energia e partecipazione nel condannare un piccolo eccesso fatto ad un grandissimo delinquente che al grandissimo delitto che questi due grandissimi delinquenti hanno commesso. Hanno tolto la vita a una persona e rovinato quella di altre, per cento miseri bastardi euro di droga di merda. Trovo anche ignobile il comportamento di chi ha fatto la foto: cosa avreste fatto, voi? Io avrei detto "fermo che fai, non puoi bendarlo", e se per qualche motivo non avessi voluto o potuto dirlo avrei fatto la foto e sarei corso al piano di sopra dal comandante che, come i fatti dimostrano, mi avrebbe dato ragione. Invece cosa fa? Sputtana l'Arma dei Carabinieri, e fornisce un elemento per facilitare l'impunità di questi due ceffi. In un vero stato di diritto, e che alla legalità affianchi la moralità affinché si possa parlare di leggi dell'uomo e non di leggi della scienza, non riesco a non vedere da un lato uno spacciatore intermediario, uno spacciatore truffatore, due drogati assassini, e dall'altro lato un ragazzo che ha scelto di fare il Carabiniere. Che AVEVA scelto, anzi. Quindi sulla benda, che non doveva esserci per carità, non la farei così lunga. E invece voglio proprio sapere chi e perché ha montato tutto questo caso mediatico, che conviene agli assassini.
Come è possibile che ci si indigni più per una benda che per delle coltellate? Perché questo, da parte di molti, sta succedendo.