top of page

Popolo, chi vuoi?

Ci siamo arrivati. A forza di litigare, o a fare finta di non litigare, finalmente non ce l’hanno fatta più, e siamo arrivati alla crisi di Governo. O alla sfiducia, che concettualmente è la stessa cosa: “il governo così come è non va bene, va rifatto”.

E’ logico: non si può pretendere di andare avanti insieme non avendo le stesse idee, litigando (perché di lite si tratta, non di discussione) su tutto. Ci si avvelena, ci si fanno dispetti, non si presta fede al mandato per il quale si è stati scelti, non si eseguono i compiti per i quali si è avuto l’incarico del “Popolo Sovrano”, denominazione che va scritta fra molte virgolette perché non è che poi questo popolo sia così tanto sovrano quando dovrebbe e vorrebbe. Perché le ragioni personali degli eletti, le loro macchinazioni per restare alle leve del comando, insomma quelli che è sgradevole ma appropriato chiamare “inciuci”, prevalgono troppo facilmente e troppo spesso sul bene comune, sull’interesse nazionale, sulla volontà di pensare allo Stato e al Popolo e non a se stessi.

Con questi presupposti è chiaro che qualcosa bisogna cambiare. E questo qualcosa è il modo di governare lo Stato, quindi il Governo. Il Governo deve essere destituito, e deve essere rifatto da capo. Non può esserci la parodia di Peppone e don Camillo al comando (magari ci fossero, puri come loro), Totò e Peppino, i fratelli De Rege, Pappagone e Gianni Agus, o Topolino e Pippo. Ne va della rispettabilità dell’Italia.

E qui casca l’asino, o peggio cascano i purtroppo numerosi asini che siedono disonorevolmente negli onorevoli scranni.

Il Popolo (maiuscolo!) ha eletto 630 deputati e 315 senatori, che fanno capo a un certo numero di partiti. Li ha eletti sulla base delle esperienze e delle promesse che ciascuno di loro ha fatto. Ciascuno di loro ha più o meno disatteso determinate promesse: Salvini non ha tolto le accise, Di Maio non ha abolito la povertà, il PD ha detto tutto e il contrario di tutto ed è pieno di contrasti interni che gli conferiscono una fisionomia decisamente nebulosa, solo per fare degli esempi.

Le elezioni avvengo periodicamente perché periodicamente si intende verificare se il pensiero degli Italiani è rivolto verso l’una o l’altra forza politica, e questa verifica avviene con una periodicità che è un compromesso fra la verifica continua, che sarebbe utopisticamente ottimale, e il costo – economico e pratico – della verifica stessa: non si possono fare le elezioni tutti i giorni. Considerando la situazione attuale, però, la logica e il buon senso consigliano decisamente di cogliere l’occasione per verificare se i rapporti di forze, o le quote di fiducia, non abbiano avuto variazioni dopo le ultime elezioni. Questo, al di là di chi, dei vari esponenti politici, spinge verso le elezioni o le non elezioni semplicemente perché pensa che gli convenga o non gli convenga dal punto di vista del consenso che può aspettarsi di ricevere. Perché, come già detto, l’aspetto “farsi i fatti propri” è troppo spesso prevalente su quello di “fare i fatti del Paese”.

Magari resterà tutto come è, magari uno dei tre schieramenti principali prevarrà sugli altri in maniera diversa da come è stato alle passate elezioni: chissà, non possiamo saperlo. Ma verificarlo è giusto, perché democrazia questo è: chiedere al popolo “cosa vuoi?” e, successivamente, FARLO. Farlo è bene scriverlo tutto maiuscolo.

Il governo tecnico è una aberrazione: il governo è un fatto politico, che ha bisogno semmai di servirsi di tecnici per decidere, in modo politico, ciò che ha bisogno di un substrato e un supporto tecnico. Per fare un esempio provocatorio, mettere la pena di morte è un fatto politico, decidere come ammazzare la gente andrebbe fatto col supporto di tecnici. Ma un tecnico, che decidesse senza politica, senza umanità, senza morale, senza pietà, potrebbe decidere che tanto varrebbe ammazzare chiunque commettesse il minimo reato. E’ una iperbole, ma le iperboli servono a volte a far capire. Nessuno si augura la pena di morte, fortunatamente. Il Paese sembra però andare verso il suicidio.

Si parla molto, ora, di ridurre il numero dei rappresentanti eletti dal popolo. Certo, si risparmiano dei soldi. Anche se l’Italia fosse governata da uno solo si risparmierebbero ancora più soldi, bisognerebbe dare un solo stipendio.

La Costituzione del 1947 dice che la Camera è eletta con un deputato ogni ottantamila abitanti o frazione superiore a quarantamila, il Senato su base regionale con un senatore ogni duecentomila abitanti o frazione superiore a centomila e ogni regione deve avere almeno sei senatori, tranne la Valle d’Aosta che ne ha uno solo. Sono gli articoli 56 e 57. Emerge, nei cosiddetti Padri, la volontà di creare una democrazia rappresentativa, e di fissare non dei numeri fissi ma dei criteri, dei parametri, in modo da ottenere una rappresentanza statistica il più possibile corretta dell’intera popolazione.

Adesso, sulla base di criteri che è legittimo insinuare più ispirati all’opportunità e all’opportunismo che alla reale convinzione e all'interesse della Nazione, si vuole o si finge di volere (chissà) diminuire questo numero, e “tagliare di un terzo” il numero di rappresentanti. Perché? Cui prodest? Il risparmio? Ci sono mille modi per risparmiare di più, cominciando dal pagare le cose quello che è sensato pagarle e non quanto si è assurdamente stabilito di pagarle. Quindi non è quello, il motivo.

Con meno parlamentari, quelli eletti avranno più potere, ed essere eletti sarà ancora più difficile per chi non fa parte di quella che, con nome inviso ma significativo, viene chiamata casta. Se non sei già dentro, oggi è difficilissimo entrare: lo sarà ancora di più quando i posti in ballo saranno di meno: il popolo sarà meno rappresentato. Sorprende che sia lecito, visto quanto afferma la Costituzione (ma forse vi sono state variazioni?). Ma se invece di eliminarne 315 si decidesse di eliminarne 600, con lo stesso principio? Sembra proprio l’anticamera dell’oligarchia.

Siamo contro la riduzione dei parlamentari, pur sapendo che sarebbe un risparmio: ma siamo per l’ottenimento di un risparmio ben maggiore con l’adozione di criteri ben più produttivi. E siamo contro il governo tecnico, al quale non riconosciamo la funzione politica.

Per il 20 agosto è in fase di organizzazione una manifestazione, che non potrà essere davanti al Quirinale come sarebbe stato bello, ma alla quale è sperabile che intervenga il maggior numero di persone fra quelle che auspicano uno Stato, un Parlamento, un Governo che sia realmente rispettoso del mandato ricevuto dal Popolo e impegnato per l’assolvimento dell’incarico ricevuto, e non per la strenua difesa dei propri interessi personali.

I draghi lasciamoli a San Giorgio, la calenda lasciamola all’antica Grecia. Intanto andiamo dagli Italiani, e chiediamo loro cosa vogliono, di chi si fidano di più o, se vogliamo essere pessimisti o disfattisti, di chi hanno meno paura. E’ corretto, è sano, è rispettoso, è democratico.

Who's Behind The Blog
Recommanded Reading
Search By Tags
Non ci sono ancora tag.
Follow "THIS JUST IN"
  • Facebook Basic Black
  • Twitter Basic Black
  • Black Google+ Icon
bottom of page